20.4.14

Lettonia 2: campo di concentramento di Salaspils

Devo ammetterlo: tempo dedicato all'organizzazione/pianificazione di questo viaggio tendente allo 0.
Troppo occupati prima di queste vacanze, un'occhiata rapida a google maps, ostelli prenotati veloce veloce e che San Cristoforo ce la mandi buona.

Così sappiamo che per tornare all'aeroporto di Kaunas passando per Vilnius, dobbiamo scendere pressoché a ritroso, e quanti km saranno mai? Tanti, ma ce ne preoccupiamo solo la sera prima, e allora dove ci si ferma? Perché almeno due tappe toccherà farle, Alberto ha 1500km sul groppone, menomale che non si lamenta mai.

E così sui soliti fogli stracciati dalla guida dell'Europa dell'Est del 2001, leggendo cosa c'è nei dintorni di Riga perché da lì dobbiamo ripassare, viene fuori il nome di Salaspils, e del suo campo di concentramento e mi vergogno, perché non lo sapevo che i lager avevano flagellato anche questa parte d'Europa.

Salaspils si trova a pochi km dalla capitale, e noi ci arriviamo perdendoci, attraversando un cimitero, e all'entrata c'è un anziano seduto, e ci guarda, turisti spensierati, e dai suoi occhi lo so che questo sarà un giorno di viaggio diverso, di quelli che all'improvviso stai in silenzio, e vuoi un momento da solo, e ti rendi conto della fortuna che hai, a passeggiare per quello che ora è un parco e che 70 anni fa era un luogo di morte.

Salaspils fu uno dei principali campi di concentramento in territorio sovietico. 
Il campo venne costruito nel 1941, per deportarvi gli ebrei tedeschi. Poi trasformato in un campo di lavoro, dove malattie, fatica, freddo uccisero ebrei tedeschi, olandesi, cecoslovacchi, francesi, belgi.
E poi oppositori politici, dissidenti, stranieri considerati sospetti. Tantissimi bambini.

La scritta all'entrata ricorda che al di là di quella soglia la terra geme.

Oggi delle baracche dell'epoca non resta nulla. 
Solo blocchi di pietra a ricordare dov'erano, giocattoli e pupazzetti ad adornare quelle dei bambini.
Un metronomo pulsa incessantemente come un cuore e colpisce come un pugno.

E quattro statue giganti: la Maternità, l'Umiliato, la Solidarietà, l'Integro.



E non c'è proprio altro da dire.

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